Per ciò che concerne la durata massima del contratto a termine, l’articolo 52 del Ccnl dispone che il rapporto di lavoro concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a termine, sia nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato, può durare al massimo 36 mesi, comprensivi di eventuali proroghe. È stata comunque prevista la possibilità di un successivo contratto in deroga al limite dei 36 mesi, per un ulteriore periodo non superiore a 8 mesi, elevabile a 12 dalla contrattazione territoriale.

Un’altra novità apportata dal Ccnl è l’abolizione del cosiddetto stop&go , quindi i rapporti di lavoro a tempo determinato possono essere rinnovati senza soluzione di continuità, non dovendo rispettare le canoniche tempistiche di legge circa gli intervalli minimi tra un contratto a termine e il successivo.

Confermata, invece, la disposizione normativa che, in relazione alle mansioni per cui il contratto è stato inizialmente stipulato, ammette complessivamente un massimo di 5 proroghe.

Per quanto riguarda il numero di contratti a termine attivabili, i datori di lavoro devono attenersi ai seguenti criteri: le strutture che occupano fino a 5 dipendenti a tempo indeterminato possono assumere fino a 3 lavoratori a termine (la norma ne consentirebbe uno); quelle da 6 a 15 non possono eccedere il 50% dei lavoratori a tempo indeterminato; quelle con più di 15 non possono superare il 30 per cento. I limiti “generali” indicati nell’articolo 23 del Dlgs 81/2015 sono invece più restrittivi, poiché prevedono il tetto del 20% per tutti i datori con più di 5 dipendenti.

Fonte il sole24ore